4 marzo, una scelta di prospettiva
Tanto per cambiare, mi scuso ancora per il poco tempo che posso ormai dedicare a questo blog…grazie comunque per la pazienza che avrete nel leggerlo!
Rubo soltanto qualche minuto del vostro tempo per accennare, a poco più di 24 ore dal silenzio elettorale, qualche riflessione da condividere con voi su quella che sarà inevitabilmente una scelta di prospettiva.
I prossimi 5 anni infatti saranno realmente cruciali per il nostro Paese. La memoria collettiva è corta, si sa, ma quella del web se possibile lo è ancora di più e nessuno o quasi ricorda le condizioni disastrose nelle quali 5 anni fa il centrodestra di governo lasciò il nostro Paese, condizioni che somigliavano tantissimo a quelle di un altro Paese Europeo, la Grecia.
Sono stati anni difficili, di sacrifici e di tentativi di riforme bocciati (penso a quella Costituzionale che avrebbe abolito il Senato elettivo, le Province in maniera chiara e netta nonché altri enti non fondamentali, come il CNEL) non per il merito dei contenuti ma per scelte ideologiche di contrapposizione più che al singolo uomo, in questo caso Matteo Renzi, direttamente al bene dell’Italia.
E’ chiaro che il popolo sovrano ha sempre l’ultima parola ma, chiacchierando con tanti amici, ferventi sostenitori del No al referendum, ho notato che con il senno di poi in molti hanno quanto meno attutito le loro posizioni, rendendosi forse conto che con un risultato diverso magari avremmo evitato qualche seccatura…non ultima la presenza della scheda gialla nelle urne domenica prossima!
Purtuttavia, non si possono negare anche i tanti sbagli commessi dal Partito Democratico, a livello nazionale ma anche locale, primo fra tutti quell’apparenza di perenne conflitto che tanti elettori ha finito per disilludere, come se in altri schieramenti filasse invece tutto liscio. Ma ovviamente, visto il peso anche mediatico del partito, ogni mal di pancia otteneva attenzioni paragonabili a ben più gravi malattie.
Due sono stati però a mio parere gli errori più grandi del Partito Democratico, il primo quello di essersi allontanato dalla base e dalla rappresentanza dei territori, quei circoli che pur restando l’ossatura del partito di fatto in occasioni di queste elezioni sono stati pressoché ignorati e il secondo di aver quasi dimenticato nella composizione delle liste la componente giovanile, la prossima classe dirigente su cui invece si dovrebbe investire il massimo delle energie.
Eppure, nonostante tutto, il progetto del Partito Democratico non può che essere, oggi più che mai, ancora il mio progetto.
In 5 anni di governo siamo passati dal dramma dello spread ad una (timida) crescita, l’Italia ha compiuto grandissimi passi avanti nella difesa dei diritti civili e della persona, abbiamo istituito l’autorità anti corruzione, alcune leggi sono diventate orgoglio per il Paese (si pensi a quella sul “Dopo di Noi”) e in generale molti ministri del PD godono oggi di un consenso trasversale ed internazionale, per il grande lavoro compiuto, a partire proprio dal Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.
Siamo insomma una Nazione più seria, più credibile, più autorevole ma se ci distraiamo rischiamo ancora una volta di finire alla berlina per colpa della propaganda irresponsabile di chi promette mare e monti senza badare minimamente alla stabilità dei conti o, peggio, di chi promette derive nazionaliste e intolleranti, segnali di un pericoloso ritorno al passato oggi inconcepibile.
Insomma, quella del 4 marzo diventa dunque una scelta di prospettiva. Andate a votare, ma provate a non farlo d’istinto. Prima di votare, pensateci, in fondo se guardiamo alle cose fatte ma soprattutto a quelle ancora da fare forse non c’è neanche bisogno di “turarsi il naso” per segnare il simbolo del PD. Anzi, potrebbe pure scapparci un pizzico di orgoglio.