Investimenti ed ecosostenibilità, ecco l’industria che serve al territorio
Nei giorni scorsi ho partecipato, insieme ad altre figure importanti del territorio, ad un incontro organizzato da una grande impresa operante nella zona industriale di Siracusa.
Il tema riguardava la volontà dell’azienda di investire nel siracusano oltre 60 milioni di euro nel biennio 2018-2019, tenendo fermi come obiettivi sia lo sviluppo e l’ammodernamento dei sistemi di produzione sia – ed è questo forse l’elemento più importante – un miglioramento costante della sostenibilità ambientale.
Al di là delle belle parole, di certo non inaspettate visto il contesto, alla fine di quella mattinata sono rimasti sul tavolo impegni concreti, presi dai vertici aziendali non solo nei confronti dei presenti e della stampa ma anche, se non soprattutto, con i rappresentanti del territorio.
Non si tratta quindi di semplici promesse ma di una vera e propria assunzione di responsabilità per l’intero settore industriale che a fronte di questi ed altri importanti impegni economici che avranno ricadute occupazionali non indifferenti sul territorio chiede una cosa talmente banale da restare fino ad oggi, in Sicilia, una chimera e cioè la certezza dei tempi burocratici e autorizzativi.
Il buco nero dei tempi della burocrazia, del quale anche in campagna elettorale abbiamo più volte parlato e che da molti anni rappresenta uno dei più impervi scogli agli investimenti nell’Isola resta dunque ancora oggi la più grande paura da parte degli imprenditori, scottati da anni di immobilismo, di “ni” e di anticamere negli assessorati.
E’ a questo punto che entra in ballo la politica, destinata a prendere una strada davanti ad un bivio. Da una parte l’incertezza dello status quo, dell’impegno a piazzare i nomi “graditi” nei luoghi chiave senza avere il benché minimo sentore delle reali esigenze dei diversi comparti amministrativi; dall’altra il coraggio di fare delle scelte (e scusate il richiamo al nostro slogan elettorale, evidentemente non scelto a caso!) anche in contrasto al manuale Cencelli, provocando se è il caso qualche mal di pancia ma avendo come faro il corretto funzionamento di tutti gli organi amministrativi.
E’ evidente che la seconda via, quella più difficile, non può che essere l’unica scelta possibile. Ma a giudicare da quanto accaduto in queste ore nella maggioranza di Governo, di coraggio nelle scelte se n’è visto abbastanza poco.
Chiudo con qualche numero: il PIL della Sicilia dipende per oltre il 60% dai suo tre poli industriali. Questo significa che mentre altri settori sono in ascesa (su tutti il turismo, ma anche l’agricoltura di qualità) è sull’industria che si basa la gran parte del reddito prodotto dai siciliani. E dall’industria si deve poter ripartire, incentivando proprio questo genere di investimenti legati allo sviluppo e al rispetto dell’ambiente.
Gli errori del passato non si devono più ripetere ma è impensabile immaginare un futuro della Sicilia senza l’industria.
Il compito della politica è quello di fare da collante tra le esigenze dei cittadini e le necessità delle imprese che pur avendo altre opzioni decidono di puntare sul nostro territorio e per fare questo non può che attuarsi un nuovo metodo, basato sulla partecipazione comune alle decisioni strategiche da parte di tutti gli attori di un territorio. Si tratta insomma di attuare quel famoso metodo concertativo che potrebbe finalmente sbloccare una volta per tutte l’inceppata macchina produttiva siciliana.
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